Rinuncia alla proprietà di un immobile: cosa sapere

rinuncia alla proprietà

I passi da compiere per disfarsi della proprietà di una casa, di un terreno o di una quota di comproprietà in favore dello Stato o di un’altra persona. Ecco come rinunciare alla proprietà di un immobile.

Può capitare che le spese di gestione di una casa diventino proibitive e superiori alle possibilità del proprietario. Nel caso di proprietà o comproprietà immobiliare si potrebbero avere spese e adempimenti di scarsa utilità. Considerando, poi, le imposte da pagare e le difficoltà economiche attuali che investono le famiglie, essere proprietari di immobili è ormai diventato un lusso: in questi casi, potrebbe rendersi necessario disfarsi di un immobile.

Si pensi, ad esempio, a chi abbia ereditato un piccolo appezzamento in una località sperduta; oppure a chi sia divenuto comproprietario di un rudere inutilizzabile che nessuno vuole comprare. Come sbarazzarsi di tali beni la cui gestione, in molti casi, diventa un onere non facilmente sostenibile? La soluzione è la rinuncia alla proprietà.

In questo articolo vi spiegheremo tutti gli aspetti da conoscere per disfarsi di un immobile, tra cui:

  • Perché disfarsi di un immobile?
  • Come funziona la rinuncia alla proprietà?
  • Come funziona la rinuncia alla comproprietà?
  • Quanto costa la rinuncia alla proprietà?
  • Che fine fanno i debiti in caso di comproprietà immobiliare?
  • È possibile disfarsi delle quote condominiali?

Perché disfarsi di un immobile?

La rinuncia alla proprietà di un immobile è utile, ad esempio, nel caso di un bene in comproprietà tra più persone, dove ciascuna di queste possiede solo una minima parte. La quota, infinitesimale, potrebbe essere più fonte di problemi che di vantaggi.

Si pensi a una casa lasciata in eredità a tre figli: nel caso in cui uno dei tre dovesse rinunciare alla propria quota, gli altri due diventerebbero proprietari del bene al 50%; mentre se anche il secondo contitolare rinunciasse alla sua quota, l’ultimo diventerebbe proprietario al 100%. Nel caso di comproprietà, dunque, la rinuncia alla proprietà è conveniente poiché provoca l’espansione della quota di comproprietà degli altri comproprietari.

Ma cosa succede se il proprietario è uno solo? Egli potrebbe ritenere antieconomica la gestione del bene: è il caso, ad esempio, di un vecchio casolare diroccato la cui ristrutturazione diventerebbe troppo onerosa e che nessuno vuole comprare, o di una proprietà inaccessibile. In questi casi il proprietario avrebbe solo oneri (tasse, spese di manutenzione, ecc.) senza la possibilità di utilizzare o rivendere il bene. Ecco che, allora, potrebbe essere conveniente procedere con la rinuncia della proprietà dell’immobile.

Come funziona la rinuncia alla proprietà?

Il proprietario di un immobile può rinunciare unilateralmente alla proprietà dello stesso senza che ci sia bisogno di trovare un altro soggetto che ne diventi il nuovo proprietario. Ma come procedere con la rinuncia alla proprietà di un immobile?

Occorre un atto formale di rinuncia per iscritto che deve essere trascritto nei Registri immobiliari. La proprietà rinunciata diventa in questo modo di titolarità dello Stato, il quale non potrà rifiutare di diventare proprietario del bene.

Come funziona la rinuncia alla comproprietà?

È possibile anche disfarsi di una quota di comproprietà, sempre con atto scritto, da pubblicare nei Registri immobiliari. In questo caso il diritto reale non passa allo Stato ma agli altri comproprietari, che vedono aumentare la loro quota di comproprietà; essi possono a loro volta rinunciare a beneficio degli altri comproprietari, finché non ne rimane uno solo. Nel caso in cui anche l’ultimo rinunci, la proprietà del bene rinunciato arriva allo Stato.

L’atto di rinuncia di una comproprietà, con espansione della quota di comproprietà degli altri comproprietari, è da considerarsi come una donazione. Come tale prevede il pagamento dell’imposta di donazione (in quanto si tratta di trasferimento a titolo gratuito). In particolare:

  •  nelle donazioni tra coniugi, genitori e figli, l’imposta è del 4% ma solo sul valore del bene che supera la franchigia di un milione di euro. Per i beni di valore inferiore non si pagano tasse;
  • nelle donazioni tra fratelli e sorelle l’imposta è del 6% ma solo sul valore del bene che supera la franchigia dei 100mila euro;
  • nelle donazioni tra parenti fino al quarto grado e affini fino al terzo, l’imposta di donazione è al 6% del valore del bene;
  • nelle altre donazioni, l’imposta da pagare è all’8% del valore del bene.

Veniamo ora alle imposte ipotecaria e catastale, esse sono dovute con aliquote del 2% e dell’1% del valore imponibile. A meno che al beneficiario della rinuncia non possano applicarsi le agevolazioni “prima casa”: in questo caso le imposte ipotecaria e catastale si pagano nella misura fissa di 200 euro ciascuna.

Quanto costa la rinuncia alla proprietà?

Nel caso di rinuncia alla proprietà il costo non è proibitivo. Si aggira infatti attorno a poche centinaia di euro e serve a coprire la parcella dell’avvocato e del notaio, e le spese di registrazione dell’atto.

La rinuncia meno costosa è quella che riguarda l’intera proprietà. Si tratta dell’ipotesi in cui si rinuncia alla proprietà a favore dello Stato. In questo caso non si paga nulla di imposta di registro, ipotecaria e catastale. Si paga invece il bollo di 230€ e una tassa ipotecaria di 90€.

Le visure ipo-catastali, solitamente eseguite dal notaio o da altri professionisti, hanno un costo di circa 100€. Bisogna infine tenere in considerazione il compenso del notaio, il cui importo dipende dalla difficoltà della pratica, ma il cui costo non supera comunque i 1000€ + IVA. La spesa complessiva per la rinuncia dell’intera proprietà è generalmente inferiore ai 2000€.

Che fine fanno i debiti in caso di comproprietà immobiliare?

In base all’art. 1104 c.c., nel caso in cui il comproprietario rinunciante abbia spese da sostenere a causa della comproprietà, la rinuncia alla quota di proprietà avrà effetto liberatorio e quindi spetterà ai comproprietari “superstiti” farsi carico delle spese derivanti dalla comproprietà: sia di quelle già maturate, sia di quelle che si produrranno in futuro.

È possibile disfarsi delle quote condominiali?

Veniamo ora a precisare il caso in cui la proprietà di un immobile faccia parte di un condominio, e cioè riguardi la quota millesimale di comproprietà che spetta, sulle parti comuni dell’edificio, a chi sia proprietario di un appartamento inserito in un condominio. A riguardo, l’art. 1118 secondo comma c.c. specifica che non si può rinunciare al condominio per disfarsi delle spese condominiali.