Labirinto della Masone: il labirinto più grande del mondo
È nel cuore della Pianura Padana che si staglia un immenso labirinto, il più grande del mondo: si tratta del labirinto della Masone, costituito da oltre 200mila bambù per un totale di 15 specie diverse.
La nascita di questo labirinto non è opera di un architetto geniale, ma di un famoso editore, Franco Maria Ricci. Appassionato di labirinti sin dall’infanzia, con il passare degli anni Ricci mette da parte la sua passione per dedicarsi all’arte e riesce ad accaparrarsi una serie di opere di inestimabile bellezza e valore. I labirinti, però, sono nel suo destino.
È la vita a riproporglieli, a cadenze regolari: prima fa la conoscenza di uno scrittore argentino, Jorge Luis Borges, anche lui appassionato di labirinti. I due stringono amicizia e cominciano una corrispondenza epistolare. È proprio a Borges che Ricci ha modo di confessare, dopo tanto tempo, il suo sogno di lungo tempo: costruire il labirinto più grande del mondo. È, però, un altro incontro che dà il là definitivo per mettere concretamente mani all’opera: quello con uno studente di architettura, Davide Dutto. Il progetto diventa reale nel 2005, piantando i primi bambù, per incarnarsi nell’opera ultimata nel 2015.
Labirinto della Masone: cos’è?
Il Labirinto della Masone prende il nome dalla strada in cui è stato costruito, strada Masone. Si tratta di un’opera che si estende per 8 ettari nell’agro di Fontanellato, a una ventina di chilometri da Parma. Grazie al suo giardino di proporzioni da recor appartiene al circuito Grandi Giardini Italiani.
Nel cuore di questa foresta, dove ci si disorienta rapidamente, le voci dei pellegrini che camminano nei corridoi vicini giungono attutite, filtrate dalla fitta cortina verde. Attraverso le pareti di Phyllostachys bissetii (una delle quindici specie di bambù che compongono il labirinto) è possibile appena scorgere, in alcuni tratti, le silhouette degli altri visitatori: il fogliame cresce fitto, dal pavimento al canneto. A confortare il visitatore c’è, però, una straordinaria sensazione di cambiamento di scenario, che proietta in una terra esotica, lontana, molto lontana dall’Italia.
Molti camminatori esitano prima di entrare nell’imponente volta di bambù, alta 6 metri per 3 di larghezza, che segna l’ingresso del labirinto. Comprensibile: per uscire da questo immenso dedalo di vegetazione che si estende per 8 ettari nell’agro di Fontanellato, a una ventina di chilometri da Parma, dovranno percorrere ben 3 chilometri nel migliore dei casi. All’interno, comunque, sono presenti numerosi punti di riferimento e mappe che permettono a chiunque di orientarsi.
Franco Maria Ricci e l’utopia del progetto
Alle prime visite del labirinto assisteva anche il suo ideatore, Franco Maria Ricci, fondatore della famosissima rivista d’arte FMR e designer di questo luogo magico. E stando a chi ha lavorato a suo fianco ogni volta sembrava commuoversi, come se il bambino custodito dentro di lui fosse davvero riuscito a imporsi e a fargli ascoltare la propria voce.
Il labirinto della Masone, per Ricci, d’altronde, non era solo un’opera colossale. Ai sogni da bambino aveva aggiunto, condensandoli in questa struttura, i successi di una vita. E così, il labirinto era per lui un luogo definitivo, destinato ad accogliere la sua Fondazione, la propria passione per l’arte e l’utopia del suo progetto.
D’altronde Ricci era un uomo senza mezze misure, un tipo da tutto o niente per intendersi. Oltre che di labirinti, era appassionato anche di prodezze d’armi: perciò, aveva avuto il coraggio di ripubblicare l’Enciclopedia completa di Diderot e d’Alembert, opera mastodontica d’epoca illuminista. La stessa lucida follia che lo portò alla costruzione del Labirinto della Masone. Contagiosa fu l’amicizia con Borges: dall’incontro fatale con l’uomo dei labirinti, come lo chiamava lui, il progetto dell’infanzia era tornato a bussare prepotente alla mente. Le lunghe passeggiate di due uomini di cultura che si tenevano a braccetto (l’autore argentino era cieco) per la campagna padana e parlavano di letteratura, per lassi di tempo che sapevano di infinito, fu la molla decisiva.
Il presagio dell’opera arriva negli ultimi anni di vita di Borges. A cavallo tra i ’70 e gli ’80, Ricci e lo scrittore argentino fondano la biblioteca di Babele, una collezione letteraria ispirata al più vecchio labirinto di tutti i tempi: la Torre descritta nel vecchio testamento della Bibbia. Un nome che sa di premonizione.
La struttura del Labirinto della Masone
La struttura del labirinto della Masone mixa la struttura classica, risalente ai tempi dell’antico Impero Romano, alle influenze di epoca medievale e moderna.
Vista dall’alto, infatti, la costruzione presenta la forma di una stella, riferimento alla città ideale immaginata dal Filarète, architetto rinascimentale italiano vissuto tra il 1400 e il 1469. Il progetto, inoltre, richiama anche alle utopie neoclassiche neoclassiche rivoluzionarie francesi, come quelle di Étienne Louis Boullée (1728 – 1799), anche lui sostenitore di opere monumentali. Non è un caso, infatti, che nel progetto dell’edificio Ricci si sia avvalso della collaborazione con l’architetto Pier Carlo Bontempi, studiando ogni minimo dettaglio.
Al centro del labirinto, che ne è anche il punto di uscita, il visitatore scopre con stupore un cortile vasto come una piazza d’armi, ben adagiato sulla sua doppia fila di pilastri simmetrici, con una cappella piramidale in perfette proporzioni che lo sovrasta. Anche il prato ha la sua parte di originalità, perché è costituito non da bambù ordinari, ma da una specie nana (Pleioblastus pumilus), che cresce bassa al suolo e necessita solo di uno o due falci all’anno.
L’uso del bambù nel labirinto
Mentre il bosso è la pianta di riferimento per scolpire l’arte topiaria dei giardini aristocratici, Ricci preferiva il bambù. Innanzitutto perché questa erba asiatica cresce molto più velocemente, ma anche perché riteneva che fosse un arbusto straordinario: quando si piega sottovento, sembra, infatti, di poterne sentire la voce.
Forti e flessibili come la canna di La Fontaine, i bambù del labirinto della Masone resistono bene al freddo, alla potatura e alle malattie. Quelli scelti da Ricci provengono dal vivaio della Bambouseraie de Prafrance, situato nei pressi di Andusa, nel dipartimento del Gard dell’Occitania, in Francia. Si tratta di un giardino eccezionale, classificato monumento nazionale, dove l’editore si innamorò di queste piante straordinarie.
Editore, sì, ma soprattutto uomo d’avanguardia, Ricci aspirava al riconoscimento della sua fondazione come centro per la promozione del bambù. Pianta capace, oltre alle sue innegabili qualità estetiche, di assorbire grandi quantità di anidride carbonica e di nascondere, velocemente e a minor costo, gli edifici industriali che deturpano (anche in Italia) i paesaggi rurali.
La Fondazione e la parte museale
A pochi metri dall’ingresso del labirinto ha sede la Fondazione, dove sono custoditi i tesori accumulati dall’editore, esteta ed eclettico bibliofilo. Passeggiando al cospetto dei dipinti rinascimentali appesi dietro busti barocchi o oggetti d’arte moderna, si ha l’impressione di entrare nelle stesse pagine della rivista FMR. Sono presenti tutte le opere curate da Ricci, oltre a una lussuosa raccolta di volumi di Giambattista Bodoni (1740-1813), autore del Manuale tipografico, altro mostro sacro che figura in primo piano nel pantheon letterario di Ricci.
All’interno della Fondazione si trova il ristorante dove i fratelli Spigaroli, rinomati chef stellati, rivisitano la cucina tradizionale parmense e dell’intera Emilia-Romagna.
La Wunderkammer e la stanza delle Vanitas
La Fondazione raccoglie opere risalenti al periodo compreso tra il ‘500 e il ‘900, per un totale di 500 pezzi. Le sculture strizzano l’occhio a un vecchio modello Jaguard, intatto in tutta la sua bellezza, che campeggia in una delle sale. Un’altra ala è interamente dedicata, invece, ai busti, tra cui quelli famosi di Barbara D’Adda e Antonio di Belgioioso.
Oltre alle opere di artisti nazionali, vi si ritrovano anche quelle di scultori internazionali, come il rumeno Demetre Chiparus, che si distingue non solo per l’eleganza delle pose e l’astrazione delle espressioni dei volti, ma anche per i colori dei materiali: dal nero al bianco, dall’avorio al bronzo fino alla totale policromia dei marmi.
Le sculture fanno da sentinelle all’ingresso della Wunderkammer, che custodisce come uno scrigno una preziosissima collezione di Vanitas. Anche qui, come nel resto delle sale, le forme espressive si mescolano, senza una reale distinzione tematica. Accanto al corno di narvalo, campeggia la collezione dei ceroplasti, che comprende, tra le altre, una delle opere più celebri di Giovanni Francesco Pieri, risalente al ‘700: la Madonna Addolorata.
Labirinto della Masone: quando e come visitarlo
Non è previsto un tempo definito per la visita del labirinto della Masone, ma almeno un’ora e mezza è necessaria per soffermarsi anche sulle sale della Fondazione e fare il giro del dedalo di corridoi.
Il costo del biglietto (acquistabile sul sito del Labirinto) dipende dall’età e dal numero dei visitatori: si parte da 10 €, per i bambini da 6 a 12 anni. Gli studenti under 26 pagano 12 €, i gruppi con almeno 10 persone 15 € a testa, gli adulti acquistano il biglietto a prezzo pieno (18 €), ma è prevista una scontistica per le famiglie: 40 € fino a 3 membri del nucleo familiare, 48 € per oltre 4 persone.
Sebbene la struttura sia aperta tutti i giorni, con la sola esclusione del martedì, dalle 9.30 alle 18, in inverno (1 novembre-31 marzo), e dalle 10.30 alle 19, in estate (1 aprile-31 ottobre), è preferibile prenotare il biglietto o acquistarlo direttamente online, perché esiste un tetto massimo di visitatori e si rischia, pertanto, di dover aspettare in cosa anche diverse ore.
Labirinto della Masone: la piramide tra storia, esoterismo e massoneria
Storicamente considerata dagli egizi come una finestra sul cielo, la piramide ha acquisito nei secoli una moltitudine di significati. Svettando verso l’alto, indica la direzione del cielo, il che la rende un oggetto di alto valore spirituale. La sommità della piramide (o apice) evoca un punto decisivo: è il luogo di incontro di tutte le energie provenienti dal basso (dalla materia) o, al contrario, il punto immateriale da cui si dipana il mondo visibile. Che sia fonte o risultato, origine o ritorno, questo vertice sembra contenere le risposte ai più grandi misteri dell’universo. È la riconciliazione della materia e dello spirito, del concreto con l’astratto, della dualità con l’unità, dell’immanenza e della trascendenza.
La cappella piramidale ospitata nella corte centrale del Labirinto della Masone fu ideata da Ricci come simbolo di Fede. Al suo interno, sul pavimento, troviamo una rappresentazione grafica di un labirinto, già usato in diverse chiese medievali come la cattedrale di Chartres in Francia. All’epoca, queste decorazioni venivano percorse in ginocchio, come pratica penitenziale.
Non sappiamo se questa cappella, nell’idea di realizzazione usata da Ricci, abbia avuto e abbia tuttora riferimenti storici, religiosi o esoterici-massonici. Il culto delle Piramidi, infatti, fu ripreso dalle logge massoniche utilizzando il principio di triangolazione a diversi livelli, in particolare come modello di comunicazione ma anche nella gestione delle distanze spaziali e dei dati temporali. La piramide che campeggia sul Labirinto della Masone, comunque, insieme al Labirinto stesso costituisce una delle opere di maggior portata dell’arte del XXI secolo, incredibilmente concepita nell’era dell’arte virtuale.
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