Riforma del catasto, cosa cambia per prima e seconda casa?

La riforma del catasto, prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è uno degli impegni cui il Governo Draghi sta mettendo mano. In sostanza la riforma è volta ad aggiornare i valori catastali degli immobili. Sulla base di questi nuovi valori, il Governo intende stabilire una tassazione più equa. Il nuovo sistema di rilevazione catastale servirà, dunque, a classificare correttamente anche terreni e immobili considerati abusivi. Un operazione trasparenza volta alla previsione di nuove rendite catastali da effettuarsi entro il 2026. Prima di addentrarci nelle novità della riforma sarà bene dare un’occhiata al sistema catastale attuale. In effetti l’ultima riforma risale oramai ai lontani anni ’80 del secolo scorso.

Il sistema catastale attuale

L’attuale sistema catastale italiano poggia le sue fondamenta sugli estimi. Il criterio con cui vengono definiti gli estimi, risale agli anni ’80 del novecento ed è, dunque, vecchio ormai di quarant’anni. Risulta quindi chiaro come questo sistema non rispecchi adeguatamente la realtà del mercato immobiliare contemporaneo.ma cosa sono, in relati gli estimi catastali ?. Nell’attuale sistema catastale italiano il calcolo degli estimi si effettua seguendo due criteri principali. Gli estimi, dunque, si calcolano o in modo diretto o in modo indiretto. Il calcolo diretto degli estimi prevede che le rendite si valutino per ogni singola particella. Nel secondo caso per il calcolo si usa, invece, il criterio delle aziende studio che forniscono le tariffe d’estimo applicabili ai terreni circostanti.

Gli estimi catastali vengono attualmente usati come base imponibile per calcolare le imposte di registro, se chi vende non è il costruttore stesso, le imposte per eredità o donazione, per il calcolo dell’Imu e, infine, per il calcolo dell’Irpef sulla seconda casa. Infine la rendita catastale degli stabili si usa anche per il calcolo del valore dell’immobile per determinare il redditto Isee. La riforma del catasto prevede, dunque il passaggio dai vani ai metri quadrati, l’emersione e individuazione di quelli che sono definiti immobili fantasma e la revisione delle categorie. Con quest’ultima riforma si stabiliscono, quindi, tre tipi di categorie immobiliari: immobili coperti dai Beni Culturali, immobili speciali e immobili ordinari.

Seconda casa e riforma catastale, aumentano le tasse?

Ovviamente quando si parla di riforme il timore di tutti è che ci sia un aumento delle tasse. La riforma del catasto prevista dal Governo non fa eccezione. La paura di molti proprietari è, infatti, quella di vedere aumentare la pressione fiscale sugli immobili in loro possesso. Tuttavia il Ministero dell’Economia e delle Finanze, per il momento, ha escluso la possibilità che la riforma catastale porti a un consistente aumento degli oneri contributivi. Al contempo il dicastero ha sottolineato come la riforma catastale sia mirata a una più equa e migliore distribuzione degli oneri d’imposta. Riformare il modo di calcolo del valore catastale degli immobili è necessario perché, dagli anni ’80 del novecento a oggi, c’è stato un aumento del valore immobiliare degli stabili.

In effetti da quarant’anni a questa parte molti immobili hanno avuto un aumento del loro valore. Questo è dovuto a opere di riqualificazione urbana o al miglioramento del sistema di trasporti nelle zone dove gli immobili erano costruiti. Con questo sistema, dunque, si crea una situazione in cui alcuni proprietari pagano oneri fiscali maggiori rispetto al valore dell’immobile, e altri pagano imposte inferiori al valore catastale delle loro proprietà. Malgrado il Governo abbia assicurato che non ci sarà un aumento della pressione fiscale, pur tuttavia rimangono fondati i timori che la riforma catastale veda aumentare gli oneri d’imposta sulle seconde case. Tuttavia sembra che tali aumenti coinvolgerebbero, solo, i proprietari di due o più immobili. Ne sarebbero, quindi, esenti i proprietari di un solo immobile.

I principali cambiamenti della riforma

Le novità principali introdotte dalla riforma catastale sono enunciate nell’articolo 7 del testo della delega fiscale. La legge delega sulla riforma fiscale, in riferimento alle rendite catastali, stabilisce alcuni, importanti, paletti. Il più rilevante dei quali è quello che dispone la non applicabilità delle nuove rendite ai fini fiscali. In questa maniera si scongiurerebbe un nuovo aumento delle tasse sugli immobili. L’operazione di riforma, della durata di cinque annui, dunque, mira a un’integrazione di tutte le informazioni contenute nel catasto dei fabbricati presenti sul territorio nazionale. La riforma, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2026, stabilisce alcuni criteri per la raccolta, l’integrazione e la razionalizzazione di queste informazioni. Vediamo insieme quali sono i più importanti.

La riforma del catasto prevede che a ciascun immobile venga attribuito, in aggiunta alla rendita stimata secondo le norme vigenti, anche il relativo valore patrimoniale. Inoltre verrà stimata una nuova rendita basata sui parametri del marcato attuale. La riforma stabilisce, quindi, un adeguamento dei valori patrimoniali e delle rendite delle unità immobiliari alle variazioni del mercato immobiliare di riferimento. Infine sono previste specifiche e particolari agevolazioni per quegli immobili considerati d’interesse culturale e artistico. Per questi, infatti, la legge delega stabilisce riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario. Questo alla luce dei costi di conservazione e manutenzione dell’immobile, più elevati rispetto a quelli di un immobile “normale”, e in base anche ai vincoli presenti in materia di utilizzo, destinazione d’uso e restauro.

Nuovi strumenti per la classificazione degli immobili.

La nuova riforma del catasto non prevede solo la revisione dei valori catastali. Accanto a questa misura, infatti, sono previsti nuovi e più moderni strumenti di controllo e classificazione. La legge delega prevede, allora, una modifica sostanziale alla disciplina che regola il sistema di rilevazione catastale per fabbricati e terreni. In base a questo principio i decreti del Governo saranno improntati ai seguenti criteri. I comuni e l’Agenzia delle Entrate si doteranno di strumenti adatti alla classificazione e individuazione di: immobili non censiti e che non rispettano la reale destinazione d’uso o che sono stati accatasti in una categoria sbagliata. Di terreni edificabili classificati come agricoli. Infine si cercherà d’individuare e classificare gli innumerevoli immobili abusivi.

Riforma del catasto conclusioni

In definitiva e per il momento la riforma del catasto voluta dal Governo Draghi non prevede un aumento della pressione fiscale sui patrimoni immobiliari. Al contrario la riforma mira a uno svecchiamento delle informazioni e dei criteri di classificazione catastale. Per portare a compimento la prima fase della riforma, quella per la costruzione di un data base immobiliare sul quale poi riconsiderare l’onere fiscale, ci vorranno almeno 5 anni. Una volta creato questo “data base” immobiliare, probabilmente si metterà mano agli obblighi contributivi inerenti. Ma fino a quel momento non si avvisano aumenti significativi delle tasse sulla casa In conclusione la riforma mira ad avere un quadro completo e aggiornato degli immobili italiani, in un ottica di cambiamento del sistema imponibile immobiliare.

Foto: casapratica.org