Detrazioni affitto partita IVA: tutto quello che occorre sapere

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Recupero patrimonio edilizio negozio: come procedere

La normativa di riferimento per le detrazioni in seguito ad interventi di ristrutturazione di immobili ad uso non abitativo è rappresentata dall’art. 16-bis del Dpr 917/86. L’articolo in questione fissa al 36% la detrazione Irpef che può essere richiesta per le spese sostenute. La percentuale sale fino a raggiungere il 50% relativamente alle spese di ristrutturazione e di recupero patrimonio edilizio negozio effettuate nel periodo di tempo che va dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2018. Anche in questi casi però, il limite di spesa massimo che può essere raggiunto è di 96000 euro. Per trarre il maggior vantaggio possibile dalle operazioni fiscali di recupero del patrimonio edilizio, è necessario sapere nel dettaglio:

  • Quali sono i requisiti per usufruire dell’agevolazione fiscale
  • Che cosa si intende per risparmio energetico società
  • Per quali tipologie di intervento si può godere della detrazione affitto partita iva
  • Come ottenere il rimborso delle tasse su affitto locale commerciale

Detrazione affitto locale commerciale: quali sono gli interventi

Quando si parla di interventi di ristrutturazione edilizia per i quali è possibile richiedere un rimborso economico, è sempre opportuno fare una distinzione tra interventi di tipo ordinario e straordinario. Nel primo caso si parla di tutte quelle operazioni edilizie finalizzate alla manutenzione ordinaria ed alla messa in sicurezza dell’immobile. Possono considerarsi interventi di questo genere anche quelli finalizzati alla rimozione delle barriere architettoniche, come ad esempio l’installazione di un ascensore all’interno di un condominio a più piani. Un altro esempio di intervento per cui è possibile richiedere la detrazione fiscale è quello di messa in sicurezza degli impianti, così come è sottolineato all’interno del Decreto Ministeriale 37/08. Nel caso delle opere di risparmio energetico società, la percentuale di riferimento per la detrazione sale fino a raggiungere il 65%, in linea con il desiderio di incentivare un certo tipo di scelte ecologiche, pensate per la salvaguardia dell’ambiente. Diverso è invece il caso di interventi finalizzati al miglioramento estetico di un edificio, come possono essere, ad esempio, le operazioni di sostituzione dei pavimenti e degli infissi di un immobile. In questi ultimi casi presi in esame non è previsto alcun tipo di rimborso finanziario.

Quali sono le condizioni per essere idonei al rimborso

Per poter usufruire della detrazione fiscale prevista per legge in caso di ristrutturazione di un immobile ad uso non abitativo, non è necessario essere il proprietario del bene in questione. In linea di principio il vantaggio economico offerto dal rimborso spetterà alla persona che ha effettuato i pagamenti per le operazioni di ristrutturazione, in quanto coinvolta in qualche modo nella destinazione d’uso dell’immobile. In altre parole la detrazione potrà essere richiesta, oltre che dal proprietario, anche da figure che vestono il ruolo di:

  • Socio di una cooperativa
  • Familiare convivente
  • Acquirente di una nuda proprietà
  • Affittuario
  • Chi occupa l’immobile in comodato d’uso
  • Futuro acquirente che non ha ancora effettuato il rogito, ma solo il compromesso

Ciò che accomuna tutte le categorie di beneficiari dell’agevolazione fiscale su menzionate è il pagamento della tassa Irpef. Ciò significa che solo i soggetti che pagano questa specifica tassa potranno presentare l’apposita domanda per ricevere il rimborso. Quest’ultimo, infatti, viene normalmente elargito attraverso la corrispettiva detrazione dall’imposta Irpef. Se l’ammontare della tassa risulta essere inferiore alla spesa di ristrutturazione, e quindi alla quota da detrarre, non ci sarà la possibilità di ricevere il rimborso per l’anno seguente a quello di pagamento dell’imposta Irpef.

Iter da seguire e documenti necessari per usufruire della detrazione

Per la spesa di ristrutturazione agevolabile è fissato come tetto massimo la cifra di 96000 euro. Se si considera che la quota detraibile è del 50%, si comprende bene come il risparmio netto massimo che si può mettere in conto è pari a 48000 euro. A seconda delle esigenze del singolo caso, è possibile inoltre usufruire di questo beneficio fiscale in un’unica soluzione, oppure spalmarlo in 10 quote distinte di pari importo, da distribuire nell’arco di un intero anno. Per quanto riguarda l’iter burocratico da seguire per avere la certezza di ricevere le detrazioni previste per legge, è indispensabile disporre di una serie di documenti, a partire dalla domanda di accatastamento dell’immobile all’Agenzia del Territorio. Vanno presentate inoltre le varie ricevute di pagamento dell’IMU e le dovute comunicazioni, ovvero SCIA, DIA, CIL, con cui si dimostra che i lavori effettuati sono stati debitamente autorizzati dagli organi competenti. Nel caso in cui il soggetto che presenta la domanda di rimborso e che ha effettuato i lavori di ristrutturazione non coincida con il proprietario effettivo dell’immobile, sarà necessario allegare alla pratica anche una dichiarazione firmata dal proprietario, con cui si attesta l’autorizzazione ai lavori. Può esserci anche l’eventualità che i lavori effettuati, specie se di ordinaria manutenzione, non richiedano uno specifico titolo di autorizzazione da parte di altri organi. In questo caso sarà sufficiente presentare una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, nella quale andrà riportata nel dettaglio tutta una serie di dati, tra cui la tipologia degli interventi previsti e l’inizio dei lavori. Prima di iniziare le operazioni di ristrutturazione è importante ricordarsi di inviare una raccomandata con ricevuta di ritorno alla ASL di competenza, soprattutto per quei tipi di lavoro che prevedono il rispetto delle norme di sicurezza. Un’ulteriore accortezza da tenere bene a mente se si ha intenzione di richiedere in un secondo momento il rimborso delle spese di ristrutturazione sostenute riguarda la modalità con cui vengono effettuati i pagamenti. Ad essere considerati validi ai fini delle agevolazioni fiscali, infatti, sono soltanto i bonifici postali e bancari. Non si può dire lo stesso di contanti ed assegni, che non vengono presi in considerazione per le spese da detrarre. Il motivo di questo tipo di scelta risiede nella maggiore trasparenza che un bonifico è in grado di garantire. Su di esso, infatti, vengono di norma riportate informazioni sensibili e dettagliate, quali la causale del pagamento ed il codice fiscale o, in alternativa la partita iva, sia di chi paga e successivamente chiede il rimborso, sia di chi beneficia del bonifico stesso. Nel caso in cui a richiedere la detrazione sono più soggetti, dovrà essere specificato il codice fiscale di ognuno di loro.