Bruno Munari e il gioco dell’arredare
Complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare.
(Da “Bruno Munari”, a cura di Beppe Finessi e Marco Meneguzzo, Silvana Editoriale, 2007)
Chi è Bruno Munari?
Bruno Munari (1907-1998) nasce a Milano a inizio secolo e la sua vita attraversa momenti cruciali della storia del nostro paese. Cresce nel Polesine dove i genitori gestivano un albero e in questo ambiente di campagna si forma il primo immaginario, le prime idee del Munari bambino. Da giovanissimo si avvicinerà al movimento Futurista e in particolare metterà a frutto tutte le sue doti comunicative nella creazione di grafiche per riviste del movimento e non solo.
Nella seconda metà degli anni Venti espone con Depero, Prampolini e Fillia, e partecipa alla Quadriennale di Roma e alla Biennale di Venezia. Con loro fonda il Gruppo Lombardo Radio Futurista nel 1929 esplorando l’aeropittura.
Nel 1933 diventa art director della rivista “Tempo” mentre nel 1948 fonda a Milano il MAC (Movimento Arte Concreta) con Gillo Dorfles, Ettore Sottsass, Atanasio Soldati. Un movimento d’arte non figurativo improntato all’astrattismo e alla geometria sulla scorta delle suggestioni che arrivavano da Kandinskij e l’arte russa.
Munari fa parte di quegli artisti-designer che a metà secolo lavorano nelle più grandi aziende che daranno avvio al boom economico che sperimentano e producono oggetti di design diventati poi di culto. La lungimiranza degli imprenditori e manager dell’epoca di inglobare nel sistema produttivo industriale creativi del calibro di Munari apportò un contributo fondamentale alla riconoscibilità del made in Italy in tutto il mondo.
Nonostante fosse una persona dai molteplici interessi, come una mostra tenutasi a Milano, ebbe a definirlo “Munari Politecnico”, nonostante abbracciasse movimenti, gruppi o ne fondasse di nuovi; la sua figura resta sempre un unicum nel panorama artistico e progettuale italiano. Artista indipendente e apprezzatissimo anche all’estero fa della sua inesauribile curiosità e capacità di creare collegamenti disciplinari inaspettati, e per questo, originali, la sua cifra stilistica. Dalla pedagogia, passando per il teatro e la poesia, Munari riesce ad esprimersi attraverso tutti i linguaggi dell’arte.
Arte come mestiere
È un artista colui che, elaborando le proprie impressioni soggettive, sa scoprirvi un significato oggettivo generale ed esprimerle in una forma convincente.
La ricerca progettuale di Munari si basa sul concetto della semplificazione, dell’eliminazione del superfluo. Coltivare l’essenzialità proponendo una sequenza logica di strutture elementari corrispondente a una grande semplicità formale. Essenzialità e pulizia formale che non significano mai noia per Munari. Egli interpreta sempre il reale con l’ironia e il gioco: due chiavi di lettura fondamentali per affrontare la vita quotidiana e per comprendere tutta la sua poetica e le sue opere.
Trovare soluzioni per vivere meglio è stato lo scopo del design per Munari che ha spesso ritenuto essere inutile e semplicemente appagante per l’occhio umano, ma spesso scomodo e superfluo. A tal proposito non puoi perderti la serie fotografica provocatoria “Uno torna a casa stanco per aver lavorato tutto il giorno e trova una poltrona scomoda” (1944) una denuncia contro l’estro creativo sterile di alcuni designer che non si preoccupano della funzionalità degli oggetti che manderanno in produzione, ma che creano solo oggetti nuovi ed inutili.
Il naturalismo industriale: la lampada Falkland
Un giorno sono andato in una fabbrica di calze per vedere se mi potevano fare una lampada. – Noi non facciamo lampade, signore. – Vedrete che le farete. E così fu.
Come realizzare una lampada funzionale, economica, lavabile e resistente?
Bruno Munari, in un suo libro dal titolo “Fantasia”(1977), si interroga a lungo su cosa possano essere la creatività e l’immaginazione e come si possano alimentare. È qui che, probabilmente, ci indica una modalità di ragionamento che applicava a molti suoi progetti: mettere in relazione cose, materiali, discipline e scoprire come le connessioni tra cose impensabili possono portare alla nascita di oggetti mai visti.
Per avere una lampada trasportabile, di facile montaggio e adattabile ai diversi stili di arredamento Munari importa un certo immaginario orientale (lanterne di carta) unendolo a quello della pesca (la nassa) e anche a quello della natura (la forma del bambù). Il materiale non poteva essere la carta che si rompe, si ingiallisce e non resiste, per questo pensa alla filanca, il materiale utilizzato per produrre collant. La flessibilità, la capacità di abbandonarsi alla gravità e creare una certa spontaneità della forma finale e la capacità di diffondere in maniera soffusa la luce (viene usata una calza a massima densità per minimo diametro) porta alla scelta definitiva di questo materiale.
Com’è fatta
Sei anelli di acciaio di diverse dimensioni vengono inseriti nella maglia elastica tubolare tenuti in cima da un cono di acciaio inossidabile. Prodotta per l’azienda Danese con cui collabora sin dagli anni ’40, la lampada colpisce perché dopo aver scartato questa maglia questa raggiunge un metro e sessantacinque di lunghezza. Dando vita ad una scultura a festone che si crea attraverso il suo stesso peso.
La Falkland che omaggia col suo nome un’isola che vive di pesca, diventa uno dei primi esperimenti di design ecologico per l’utilizzo di materiali e per il pochissimo imballaggio impiegato. Ancora oggi viene prodotta (da Artemide) e venduta chiusa in pochissimo spazio, leggerissima, facile da trasportare ed economica rispetto a tanti pezzi iconici di design dell’epoca. Viene considerata lampada a sospensione ma è possibile averla anche in formato da terra (Falkland Terra), adattabile a diversi ambienti della casa. Questa lampada entra di diritto al MoMa di New York nella sezione Architecture&Design come uno dei più pezzi iconici del design italiano. Dal museo a casa tua. Questo è il genio: “un artista è colui che, elaborando le proprie impressioni soggettive, sa scoprirvi un significato oggettivo generale ed esprimerle in una forma convincente”, Munari, ci hai proprio convinto!
Se vuoi scoprire di più
Dove comprarla: Visita la sezione del sito di Danese
Cosa leggere: “Da cosa nasce cosa” (1992), “Fantasia” (1977), “Artista e designer” (1971) tutti editi Laterza.
Curiosità: Munari era anche un grande fotografo: la sua più grande passione erano le fotografie polarizzate, per questo può essere considerato un precursore delle videoinstallazioni. Non sai cosa sono? Cercale e immergiti in un modo di luci e forme!
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