Cosa sono i beni comuni non censibili?
All’interno di un condominio esistono parti comuni che, spesso, sono oggetto di controversie in merito alla loro proprietà effettiva. Si tratta dei cosiddetti beni comuni non censibili. Cosa sono e come sono trattate dal punto di vista catastale queste sezioni dell’edificio?
Per rispondere a queste domande approfondiremo, in questo articolo, alcuni aspetti che ci aiuteranno a capire la disciplina relativa a questa categoria di beni. Nello specifico, vedremo:
- Cos’è il censimento degli immobili urbani
- La definizione di bene comune non censibile
- Il valore probatorio delle risultanze catastali
Cos’è il censimento degli immobili urbani?
Prima di spiegare nel dettaglio cosa si intende per beni comuni non censibili, è importante sapere che ogni immobile urbano è soggetto a censimento. Il censimento è una vera e propria operazione di registrazione delle singole unità immobiliari di un edificio, considerate in ogni propria parte e valutate per la capacità di produrre reddito proprio, come definito dall’articolo 3 del Regio Decreto Legge n. 653/1939.
Un edificio può includere al suo interno più unità immobiliari (abitazioni, negozi, magazzini, autorimesse, ecc.), e, di contro, più edifici possono formare una medesima unità immobiliare (complessi scolastici, industriali, alberghieri, ecc.).
Ogni unità immobiliare, dunque, deve essere opportunamente censita all’interno di un apposito registro, detto catasto edilizio urbano o semplicemente Catasto Fabbricati. In questo registro ogni unità immobiliare è rilevata tramite i suoi elementi di identificazione, contenuti all’interno della visura catastale. Nel dettaglio, questi elementi sono Comune, Sezione (eventuale), Foglio, Particella, Subalterno, consistenza, categoria, classe di redditività e rendita catastale; i soggetti titolari che godono di diritti reali sull’immobile o i suoi possessori. Inoltre, al catasto vengono depositate le planimetrie.
Definizione di bene comune non censibile
Il concetto di unità immobiliare è fondamentale per spiegare cos’è il bene comune non censibile. Tramite il Catasto, infatti, all’unità immobiliare viene attribuita una rendita (rendita catastale) utile ai fini del calcolo delle imposte fondiarie. La rendita è fissata sulla base dei vani dell’unità immobiliare che, in virtù delle loro caratteristiche, ne determinano classe e categoria.
È facile intuire, dunque, che per poter essere censito al catasto come unità immobiliare un bene deve produrre reddito. Se ciò non accade dovrà comunque comparire catastalmente, ma non essere accatastato ai fini dell’attribuzione di una rendita, perché non ha alcun valore dal punto di vista catastale.
Nello specifico, pertanto, quando un bene non produce reddito e per di più è collocato nelle parti comuni di un edificio – ad esempio le scale, gli androni, il locale caldaia ecc. – viene detto bene comune non censibile. La disciplina relativa a questi beni è stabilita dalla circolare n. 2/84, la quale impone che “Tali porzioni, che per la loro natura non sono soggette alle dichiarazioni mod. 1, vanno comunque rappresentate nell’elaborato planimetrico ed ivi contraddistinte da riferimenti catastali, ma non possono avere una iscrizione formale in partita, perché‚ non costituiscono le unità immobiliari. La possibilità, precedentemente esposta, di certificazione dell’elaborato planimetrico dà ragione della utilità connessa con la identificazione catastale anche di queste particolari porzioni”.
In sintesi, dunque, i beni comuni non censibili rappresentano quelle parti dell’unità immobiliare:
- che non hanno capacità reddituale autonoma;
- che sono comuni a tutte o ad alcune delle unità immobiliari per destinazione o perché sono caratterizzate da utilizzazione indivisa.
Come viene attribuito il subalterno dei beni comuni non censibili?
Occorre precisare come viene attribuito il subalterno, cioè l’elemento numerico che identifica la singola unità immobiliare, dei beni comuni non censibili.
L’attribuzione di tale identificativo, infatti, non è obbligatoria ed è lasciata alla discrezionalità di chi presenta l’accatastamento. Si consiglia, comunque, di attribuire il medesimo subalterno alle porzioni comuni non censibili godute da uno stesso insieme di unità immobiliari, “anche se poste su piani diversi e non contigue (ad esempio: androne, scale, accesso esterno, ascensore, ecc.).”.
Pertanto è bene che, ad esempio, le scale di un palazzo con più piani siano raggruppate con gli altri beni comuni non censibili e individuate dal medesimo subalterno.
Valore probatorio delle risultanze catastali
I beni non censibili devono essere iscritti al catasto, ma va precisato che tale iscrizione non ha valore a fini probatori. Il catasto infatti in linea generale non risulta vincolante ai fini dell’accertamento della proprietà di un bene, e questo vale anche per i beni comuni non censibili.
Può accadere, infatti, che le scale di un condominio, considerate parti comuni a livello catastale, per effetto di un accordo tra i vari condomini siano considerate di proprietà esclusiva di uno di essi. In questo caso le risultanze catastali non avrebbero un valore probatorio definitivo della proprietà effettiva, bensì meramente sussidiario. Sarebbe necessario, quindi, un correttivo delle risultanze catastali al fine di definire chi è proprietario del bene.